La morte di una persona in conseguenza di un sinistro, di un infortunio sul lavoro o, più in generale, di un fatto illecito può generare una profonda sofferenza nei confronti dei congiunti o delle persone vicine alla stessa: sofferenza che talvolta può comportare un mutamento nelle abitudini di vita.
Nel corso degli anni la giurisprudenza ha elaborato il concetto di danno da perdita del rapporto parentale e la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8622 del 2021, così si lo ha definito: “il danno conseguente alla morte di un congiunto (o “danno parentale”) consiste, di per sé, nella perdita della relazione col familiare e si sostanzia – al tempo stesso e congiuntamente – nella sofferenza interiore e nell’alterazione del precedente assetto esistenziale del congiunto superstite”. (https://news.avvocatoandreani.it/public/doc/blog/cassazione/Cassazione-civile-ordinanza-8622-2021.pdf )
I soggetti legittimati alla richiesta del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, rientrante nella macro categoria del danno non patrimoniale, sono tutti quei soggetti che dimostrino di aver subito uno sconvolgimento dei loro affetti e delle loro relazioni a causa dell’evento dannoso; ovviamente, tali persone, dovranno essere ristorate anche di tutti i danni patrimoniali, ove dimostrino di averli patiti.
Il danno da perdita del rapporto parentale non è circoscritto solo a coloro che convivevano con il defunto, e quindi agli appartenenti della cosiddetta famiglia “nucleare”; la giurisprudenza ritiene infatti che sia ammissibile il risarcimento per il danno da perdita del rapporto parentale anche nei confronti di coloro che, pur non convivendo con la persona deceduta, dimostrino il profondo rapporto affettivo e solidaristico che le legava.
Per provare il danno da perdita del rapporto parentale non è tuttavia sufficiente basarsi sul fatto notorio del rapporto di parentela, è invece necessario che il congiunto dimostri l’attualità affettiva del legame con la vittima, nonché la stabilità del rapporto e la qualità ed intensità della lesione che deriva dal fatto illecito. Nel 2018 il Tribunale di Vicenza ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, oltre che alla moglie del defunto, anche alla di lui amante/novella fidanzata, con la quale aveva una relazione sentimentale da poco più di sette mesi.
La prova del legame affettivo potrà essere fornita per testimoni, in via documentale, attraverso presunzioni ma dovrà comunque riguardare il caso concreto.
Con riferimento ai criteri di liquidazione del danno, vi sono due contrapposte scuole di pensiero:
- quella che ritiene di dover basare il calcolo sulle Tabelle di Milano (fino a poco tempo fa, la maggioritaria); e
- quella che si orienta sulle Tabelle di Roma.
La Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 10579/2021, a cui poi ha dato continuità in successive sentenze, ha affermato che le Tabelle di Milano non rispondono ai criteri necessari per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale per il metodo seguito nell’individuare l’importo da liquidare, il quale viene stabilito all’interno di una forbice tra un importo minimo e uno massimo. Le Tabelle di Roma, al contrario, seguendo la tecnica del “punto variabile” forniscono un sistema maggiormente oggettivo per il calcolo dell’importo da liquidare.
Il pregiudizio deve infatti essere determinato e liquidato secondo una tabella che abbia i seguenti requisiti:
- Adozione del criterio “a punto variabile” che permette di assegnare un punteggio per ogni caratteristica del rapporto e per ogni circostanza rilevante;
- Elenco delle circostanze di fatto rilevanti (quali, ad esempio, età della vittima, età del superstite, grado di parentela, presenza o meno di un rapporto di convivenza) e dei relativi punteggi assegnati;
- Modularità.
Così come è risarcibile il danno da perdita del rapporto parentale, è opportuno ricordare la risarcibilità anche del danno da lesione del rapporto parentale, il quale si verifica quando il fatto illecito non provochi la morte, bensì delle lesioni al congiunto. Anche in questo caso il rapporto affettivo tra la vittima primaria e i congiunti può infatti essere leso e conseguentemente dare pieno diritto ai familiari di essere ristorati del danno.