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L’infedeltà coniugale è una delle principali cause di separazione tra i coniugi ed in alcuni casi il tradimento può costare, oltre alla fine del proprio matrimonio, anche il cosiddetto addebito. Il coniuge tradito, infatti, può chiedere l’addebito della separazione addossando la colpa del naufragio matrimoniale al coniuge fedifrago.

Per poter invocare l’addebito, però, l’infedeltà coniugale deve essere provata e per fare ciò ci si può avvalere di qualsiasi mezzo tra cui: fotografie e video, documenti, messaggi, testimonianze.

Se non vi è alcun dubbio che il mezzo della testimonianza possa essere utilizzato per provare l’infedeltà coniugale, chiamando a deporre coloro che possono riferire del tradimento esponendo quanto è conosciuto, alcuni problemi si pongono per gli altri mezzi di prova.

Alcuni, al fine di raccogliere le prove del tradimento del coniuge, si avvalgono di investigatori privati. In questo caso la prevalente giurisprudenza (ex multis: sent. n. 5125/2016 Tribunale di Roma, sent. n. 1162/2020 Corte d’Appello di Palermo) ritiene che solo la testimonianza resa dall’investigatore possa essere portata in giudizio quale valido mezzo di prova, mentre tutto il materiale dallo stesso proveniente (video, foto,…) non potrà essere considerato valido mezzo di prova trattandosi di dichiarazioni provenienti da terzi.

Fotografie e filmati sono utilizzabili per provare l’infedeltà coniugale solamente se siano certificate, dovranno perciò essere acquisite utilizzando appositi software che attribuiscono data certa e luogo in cui l’immagine è stata acquisita. Così facendo la controparte non potrà contestare la veridicità della prova mostrata al Giudice. Analogo problema si pone per la produzione in giudizio di chat, email, screenshot per provare l’infedeltà coniugale. Anche in quest’ultimo caso, affinché tale materiale possa costituire una prova incontrovertibile, il materiale dovrà essere certificato e per fare ciò dovrà essere estratto dallo smartphone o dal pc attraverso l’utilizzo di appositi software di mobile forensic. Questi programmi consentono di effettuare un’acquisizione integrale del dispositivo generando un’immagine forense che potrà essere utilizzata in giudizio.

Accade con frequenza che il coniuge tradito non abbia prove certe per provare l’infedeltà coniugale dell’altro coniuge e che le procuri illecitamente accedendo abusivamente allo smartphone o al pc, o leggendo la corrispondenza del coniuge fedifrago. È bene ricordare che tali condotte costituiscono reato. È necessario a questo punto chiedersi se sia possibile utilizzare nel processo le prove ottenute illecitamente al fine di provare l’infedeltà coniugale.

La giurisprudenza sul punto è divisa, ciò perché la legge non contiene alcuna norma che escluda l’utilizzabilità delle prove ottenute illegalmente. Due sono gli orientamenti:

  • un primo orientamento ritiene che in mancanza di una norma espressa che sanziona l’utilizzo di prove ottenute illecitamente nel processo civile queste possano essere utilizzate senza alcun limite. Ovviamente la parte che si è procurata tali prove illecitamente si espone al rischio di una denuncia/querela e dovrà quindi considerare tale rischio;
  • un secondo orientamento ritiene, invece, che le prove acquisite in modo illecito non siano utilizzabili nel processo civile per non avallare la condotta illecita di acquisizione.

Questo secondo orientamento è quello che è prevalso nella recente sentenza della Corte di Cassazione secondo la quale l’utilizzabilità delle prove illecitamente procurate sarebbe incompatibile con la naturale inclinazione del nostro ordinamento a rigettare qualsivoglia forma di arbitrario e violento esercizio delle proprie ragioni.

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